Premiazione

Le Sciare 23 – 24 agosto 2008

 

 

Alla Masseria Le Sciare, sede mediterranea del Trust, si sono svolte come previsto le due serate di premiazione del Concorso Internazionale di Cinema Indipendente delle Donne.

Alla presenza di numerose donne – cento circa la prima sera, circa centotrenta la seconda – e in un clima di grande attenzione politica al valore del lavoro svolto - si è conclusa l’entusiasmante avventura che per sei mesi ha visto coinvolte migliaia di donne in tutto il paese.

Sono intervenute le registe Anette von Zitzewitz, Carla Vestroni, Caterina Gerardi, Chiara Idrusa Scrimieri, Cristina Capone (Sirka), Cristina Comperini, Eleonora Ievolella, Elisa Bertolotti, Ester Carla de Miro d’Ajeta, Maria Francesca de Pasquale, Milli Toja, Nicoletta Nesler, Rossella Piccinno, Silvia Eleonora Longo – e le attrici Gea Martire, Lucianna De Falco, Rosalia Capasso.

 

Riportiamo qui gli interventi delle organizzatore, che hanno introdotto la consegna dei riconoscimenti.

 


                                                 23 agosto

Noi siamo la storia.

Siamo convinte e consapevoli di stare vivendo un momento nella storia delle donne che potrebbe cambiare decisamente la società che verrà. Le donne che ci hanno precedute hanno messo in gestazione una trasformazione del mondo che cammina con noi. Abbiamo coscienza di essere le attive interpreti della nostra vita e che a questa coscienza fa seguito una fattiva comprensione della realtà. Sappiamo di esistere come soggettività politiche e come oggettiva presenza negli scambi sociali, questi scambi diventano la politica quando ci sono altre donne che condividono. La nostra pratica politica sta anzitutto in una esistenza che fa conto delle altre. E’ con essa che la piacevole energia, la circolarità virtuosa delle relazioni fra donne avviano il movimento che originalmente scopre e riscopre chi siamo e che cosa facciamo nel mondo che fino a oggi ci ha comprese. In questa coincidenza di intenti e di scoperte sta l’intuizione politica femminista che invita a partire da sé. Come dire: ascoltando noi e le altre possiamo fare molto per noi e per il mondo. Ed è qui che ha senso parlare di cinema delle donne. Guardate attraverso la relazionalità delle donne acquistano un senso insperato le molte difficoltà del vivere, le incongruenze dell’assetto sociale, i particolarismi soverchianti o gli eccessi ripetitivi della memoria maschile.

Il doppio sguardo del cinema femminile

E’ un doppio sguardo verso di sé e verso il mondo che si estende alle altre che guardano. Avviene quando la scelta della comunicazione passa attraverso le donne e quando va a vedere come si configura una realtà. Ritagliata dalla mdp c’è una scena dove sono le donne a attraversarla e riempirla sia per fingere la realtà sia per documentarla. A questa comunicazione delle donne che usa i mezzi dell’arte cinematografica è andato il nostro interesse come Trust Nel nome della donna e abbiamo pensato, finanziato e organizzato il Festival itinerante e Concorso di CINEMA INDIPENDENTE DELLE DONNE “Esperienze di libertà femminile”.

Questo impegno è un avvio di dialogo che parte dalla constatazione che senza le donne non sarebbe stata possibile la nascita del cinema. Questa condizione dà oggi i suoi risultati. Senza le donne il cinema non sarebbe possibile, oggi. Sono le donne a occupare posizioni sempre e comunque rilevanti per attuare un qualsiasi progetto cinematografico. E’ nella regia indipendente che hanno regalato alla storia del cinema una grande creatività, la regista indipendente Maya Deren è stata definita ‘la madre di tutte noi’. Le donne che si occupano di cinema fanno parte  di una storia che corre dagli inizi del cinema attraversa gli anni ’30, ’60, ’70 e arriva fino a oggi, anticipate da Alice Guy, Elvira Notari, Germaine Dulac, Lotte Reiniger e tante altre ancora.

A questa scelta del partire da sé e del seguire le proprie passioni, le donne che fanno cinema indipendente continuano a dare energie.

E’ però in questo momento della storia che tiriamo le somme. Le donne lavorano in luoghi e in situazioni dove cento anni fa era impensabile vederle così numericamente e capillarmente presenti.

Non siamo certo noi, allora, a volerci proporre come difensore delle donne, a trovare la nostra ragione di esistere, in quanto manifestazione, nella difesa del sesso femminile non equamente rappresentato nel settore dello spettacolo. Al contrario: la nostra ragione di esistere, in quanto Concorso & Festival, sta nell’affermazione della libertà femminile.

La sfida del concorso è stata comunicare una visione in comune

Abbiamo promosso questo concorso aperto a tutte le donne che volevano inviarci un lavoro attinente al tema che ci stava a cuore, confidando nella traduzione artistica delle aspettative politiche delle donne. C’è stata quindi da parte nostra la proposta di avviare un progetto che permettesse a tutte le donne attraverso un prodotto cinematografico di fare sentire un punto di vista e di fare vedere come sanno ascoltare il loro desiderio artistico,  e quello di altre, di comunicare e raccontare.

Abbiamo operato una selezione solo in base al tema, sicure che le opere nel nostro tempo si selezionano da sé, che chi non ha niente da dire semplicemente non parla e che a mettere in crisi questa mediazione semplice sono più gli spazi di potere che non i luoghi delle donne, dove avvengono gli scambi diretti. Se siamo in una fase storica in cui la cultura è un’attrezzatura collettiva che permette a chiunque di farsi avanti sulla scena pubblica, e questo avviene ben oltre i confini della democrazia, allo stesso tempo la proprietà dei mezzi di produzione e di trasmissione produce la serialità dei prodotti che sarebbe la più adatta a soddisfare i gusti del pubblico. E’ facile allora che ci sia l’accaparramento del progetto personale di un’artista da parte di chi detiene i mezzi economici. In questo momento non a caso anche il cinema dei grandi circuiti è in stato di crisi. E’ una crisi di contenuti ben più che di perdita di soldi. Siamo in un’epoca che consuma i prodotti della propria memoria avendo la pretesa di conservarla.

Avendo sperimentato le grandi distribuzioni e i luoghi potenti della cultura, ci siamo dette che parlare alle donne attraverso il cinema – in maniera libera e indipendente da quanto appena detto – è una grande scommessa. Questa attivazione di sguardi e di parole comunica e insegna a mettere in circolo la visione femminile. La sfida per la quale abbiamo tutte, alla nostra maniera, partecipato dimostra che abbiamo davvero un punto di vista in comune. E’ il cinema che con i mezzi appropriati può offrire questa comunanza di prospettiva. Il cinema delle donne constatiamo che origina linguaggio, accostando immagini, combinando idee, fotografando e collezionando aspetti della realtà sconosciuti, approfondisce le esperienze. La comunicazione che nasce estende il progetto politico di ognuna di noi, dimostra come il simbolico femminile sia consapevolmente parte del modo che hanno le donne per esprimersi, e che va  oltre le divisioni di mentalità, di carattere, di tracciato soggettivo. C’è - oltre lo stesso “mondo comune delle donne” – anche la messa al mondo di linguaggio. E questa messa al mondo di linguaggio è una crescita di comunicazione.

 

A proposito della nostra giuria

Il criterio che ci ha guidate nella scelta del Festival Itinerante è stato il desiderio di favorire lo scambio fra le registe e le spettatore. Sottoporre al giudizio di centinaia di donne il proprio lavoro è stato da parte delle autrici un grande gesto di disponibilità, e di accoglimento delle Intenzioni del Concorso. Le votanti di ogni città hanno risposto con entusiasmo e con impegno, e sono state una giuria davvero popolare, vasta, geograficamente significativa, felice di partecipare ad un’avventura di cui sono stati colti gli intenti ed i propositi.

Noi pensavamo e pensiamo che per continuare a produrre arte le donne abbiano bisogno dello sguardo di altre donne, uno sguardo anche avverso, anche duramente critico ma sempre attento. Pensiamo soprattutto che dare valore al lavoro delle altre aiuti la nostra libertà, e ci dia forza. E che far circolare lo scambio di valore fra donne sia una delle imprese più degne e significative che il femminismo ha nominato.

A questa straordinaria e inedita giuria hanno partecipato migliaia di donne. E hanno votato migliaia di donne.

Esaminando i dati delle votazioni locali, abbiamo capito una cosa importante, a questo proposito. La stragrande maggioranza di noi abbiamo imparato a sostenere il lavoro delle amiche, siamo grandi e generose, affettuose e solidali con le donne che conosciamo, che stimiamo, che amiamo. Siamo meno capaci di applicare questa grandezza e questa generosità, questo affetto e questa solidarietà alle altre.

Nelle città in cui una o l’altra regista avevano un pubblico di amiche, che queste amiche privilegiassero la relazione era scontato, e utile, e giusto. Noi avremmo però sperato che a ciò s’accompagnasse un’altrettanta ancorché proporzionata concessione di favore a tutte le registe. Non soltanto alle amiche, alle parenti. Mi spiego con un esempio: se io al film della mia amica, della mia solidale, della mia compagna, do 10 ad occhi chiusi, do 10 non perché ne valuto davvero la soddisfazione che mi procura ma per un giusto privilegio, gli do 10 preventivamente – ecco, al film della sconosciuta - a cui valutando davvero la soddisfazione darei 4… - ecco dovrei dare almeno sette. E così non è stato sempre, non è stato per tutte le votanti.

Noi pensiamo che questa scarsa capacità sia un limite serio, benché del tutto comprensibile; e che dobbiamo applicarci per superarlo, perché la costruzione e il rafforzamento di simbolico femminile ha bisogno di circolarità e non di steccati, ha bisogno di mirare ad una figura circolante della relazione fra donne.

Le schede di preferenza sono state in totale quasi 11.000, e ogni città ha votato in modo differente. I risultati città per città sono interessanti e ve li comunicheremo.

Siccome però il meccanismo di calcolo per la classifica finale l’abbiamo legato al numero di voti diviso per il numero delle votanti, queste graduatorie locali sono significative per molti versi ma non sempre concorrono all’individuazione delle vincitore finali.

Segnalo che il bando prevedeva tre classifiche finali – uno per la sezione Documenti e due per la sezione Storie, che era divisa in corti e lungometraggi. Non sono arrivati lungometraggi, tranne il film di Milli Toja - che per ovvie ragioni è rimasto fuori concorso. Rimane irrisolto l’interrogativo del perché le donne non producano lungometraggi in maniera indipendente. Milli Toja è praticamente l’unica regista indipendente italiana che conosciamo, a farlo.

Va bene che gli uomini producano film di donne ma è auspicabile che le donne in maniera indipendente si autorizzino a fare lungometraggi e di ampio respiro. E questo è un punto per noi cruciale, su cui desideriamo aprire il dibattito.

Abbiamo perciò deciso di separare nella sezione Documenti i Video Arte, e di premiarne uno fra i sette arrivati.

Ecco perché premiamo stasera la sezione Video Arte, non prevista dal bando, e la Sezione Storie – Corti.

 

Cominciamo con i Video Arte.

Vince - con 2206 voti espressi da 275 votanti, e dunque una media voto di 8,02 – Questa notte è volata via, di Elisa Bertolotti.
 

 

Passiamo alla Sezione Corti.

Il secondo premio, con 3217 voti espressi da 396 votanti e dunque una media voto di 8,12 va a La Grande Menzogna di Carmen Giardina.

 

Il primo premio, con 3213 voti espressi da 352 votanti e dunque una media voto di 9,12 va a Amelia, di Chiara Idrusa Scrimieri.

 

 

Passiamo alla Sezione Documenti 

Il secondo premio, con 3666 voti espressi da 448 votanti e dunque una media voto di 8,18 va a Nella Casa di Borgo san Nicola di Caterina Gerardi.

 

 

Il primo premio, con 2625 voti espressi da 316 votanti e dunque una media voto di 8,30 va a Inventata da un dio distratto di Marilisa Piga e Nico Di Tarsia

 

 

 

 

 

 

Segreteria info@nelnomedelladonna.org

Milli Toja milli.toja@fastwebnet.org

Donatella Massara donatella.massara@fastwebnet.it

Giovanna Foglia & Fiorella Cagnoni fiorefoglia@alice.it

 

 

        

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